Il velo caduto

Di Enzo STANCATI

Rappresentazione scenica in sei quadri

il velo caduto

PREFAZIONE

“Il velo caduto” di Enzo Stancati si pone innanzitutto come un testo teatrale aperto a più dimensioni: quella più specificamente storica, quella religiosa, e quella di attualità. Ora l’aspetto storico è naturalmente rappresentato dalla vicenda di Tahirih, l’eroina-poetessa che si pose in rotta con i teologi musulmani del suo tempo per seguire le nuove idee del Bab, un giovane misterioso, mite e “rivoluzionario” il quale dette inizio al movimento che da lui prese il nome di babì e che incendiò l’Iran attorno alla metà del secolo scorso.

L’aspetto più precisamente religioso è la fede nell’Avvento di una nuova manifestazione divina (il Bab, appunto), che è il ritorno di Cristo e di tutti i profeti, ma che, a sua volta, è il Punto di passaggio per Colui che verrà (Baha’u’llah).

Ma forse il centro del testo di Stancati è la condizione della donna, all’interno della civiltà musulmana ma poi indirettamante anche nella nostra società odierna: Tahirih fu la prima donna che osò togliersi il velo, simbolo del “nascondimento” femminile di fronte all’uomo (e a Badasht ci fu persino chi si uccise, dopo aver assisitito al gesto sacrilego di Tahirih). La poetessa persiana, al di la della sua storia personale, diviene così il simbolo della emancipazione femminile, della pari dignità rispetto all’uomo, della fede nelle leggi dell’evoluzione spirituale dell’Universo.

Era sicuramente difficile rappresentare scenicamente una tranche de vie talmente intensa e complessa, ma Stancati – soccorso dalla vasta competenza storica e letteraria – ci riesce alla perfezione, come scarnificando il dramma di Tahirih, rendendolo (in soli sei quadri) di una evidenza scultorea; non ve nulla, in questo testo, di retorico o di sovrabbondante, eppure c’è tutta la passione civile e religiosa di Tahirih, con pochi tocchi entriamo nel vivo dell’immobile ambiente culturale dell’Islam. La stessa scarna gestualità rimanda ai grandi sentimenti umani, che sono fatti intuire più che espressi platealmente.

C’è anche il ‘teatro nel teatro’, segno che l’Autore non tende solo a trasmettere emozioni, ma anche a far riflettere, come negli orientamenti brechtiani o in certo teatro pirallendiano.

Segno che qui il teatro vuol dire non frivolezza o arido passatempo, bensì esperienza di vita, meditazione – attraverso il recupero di un lacerto del passato – attorno ad alcuni grandi temi del nostro tempo.

DANIELE GIANCANE

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Personaggi:

Tahirih

Madre di Tahirih

Muhammad Hasan

Mullà Sàlih, suo padre

Teologo sunnita

Abdu’l-Khaliq

Mullà Taqì, suo zio

Teologo ebreo

Primo babì

Mardiyyih, sua sorella

Teologo cristiano

Secondo babì

Abdu’l-Vahhab, suo fratello

Quddus

Terzo babì

Il sipario è abbassato in platea, seduti in prima fila, tre spettatori (gli interpreti dei tre Teologi del Terzo Quadro) discutono a voce alta.

Primo spettatore – (ridendo) Ah ah, dici davvero o scherzi? Una femminista in Oriente nell’Ottocento?

Secondo spettatore – Ti giuro che è così. Una poetessa Persiana: Tairì (o forse si pronuncia Taerè?). Mah.

Terzo spettatore – In Persia? ma se il movimento per la liberazione della donna è nato in Occidente: in Francia durante la Rivoluzione, poi in Inghilterra! lo sanno anche i bambini. In Oriente, nel secolo scorso, le donne portavano il velo sulla faccia…

Primo spettatore – Lo portano anche oggi!

Secondo spettatore – Ecco, appunto. Questa Tairì (o Taerè) è stata la prima orientale a ribellarsi all’uso del velo.

Primo spettatore – Questa è bella. lo sapete cosa ho immaginato io leggendo il titolo “Il velo caduto”?… Uno spettacolo di spogliarello! (ridono forte)

Terzo spettatore – In un teatro?

Primo spettatore – Oggi tutto è possibile!

Secondo spettatore – Sstt! Abbassate la voce: si alza il sipario.

PRIMO QUADRO

Sala dell’abitazione di Mullà Salih, a Qazvin.

Personaggi: Madre, Mardiyyih, Tahirih, poi Mullà Sàlih, Mullà Taqì, Mullà Muhammad, Abdu’l-Vahhab.

A sinistra degli spettatori, la Madre e Mardiyyih, sedute, intente al ricamo. A destra, dietro una tenda che separa dalla stanza attigua, Tahirih in ascolto, in piedi.

Mardiyyih – Guarda. E’ più di un’ora che se ne sta immobile dietro quella tenda.

Madre – A volte anch’io, che pure sono sua madre, stento a riconoscerla. Credo che Dio avrebbe voluto darmi un maschio, pentendosi poi all’ultimo momento.

Mardiyyih – Di un maschio ha la testardaggine. Vorrei sapere che gusto prova ad origliare così di nascosto argomenti che una donna non può capire. Oltretomba, predestinazione. Quando mio padre e mio zio ne parlano, mi fuma la testa.

Madre – Argomenti che una donna non deve capire. come scrive il profeta, “gli uomini sono anteposti alle donne, perchè Dio ha prescelto alcuni esseri sugli altri”. Questo è stato il primo versetto del sacro libro che tuo padre mi insegnò. mi ha fatto insieme da sposo e da maestro.

Mardiyyih – Ogni giorno dalle città vicine giungono a centinaia nella nostra casa studenti desiderosi di apprendere la volontà di Dio, e poi nella nostra famiglia c’è chi la contraddice così…

Madre – devi aver pazienza. ho visto tanti cambiera, toccati dalla grazia.

Mardiyyih – Mi fa rabbia. ho passato tutta la mia infanzia da sola, eppure lei ha amato libri ed ha schivato i giochi, e i sono presto diventata adulta…

Madre – hai tenuto compagnia a me. Non devi addolorarti.

Mardiyyih – Si avvicina il giorno che uno sconosciuto mi farà sua sposa, dopo aver guardato solo per un istante senza velo il mio viso. Così diventerò moglie, poi forse madre, senza mai essere stata bambina…

Madre – In te mi rispecchio, Mardiyyih. Ero poco più di una bambina quando mio padre mi presentò il mio futuro marito. Che onore per la mia famiglia imparentarsi con un casato di dignitari ecclesiastici, i più rispettati di Quazvin, noti finanche nella capitale. Ed ero bambina quando nascesti tu e, in capo a un anno (accennando a Tahirih) Zarrin-Tàj.

Mardiyyih – Ma guardala. Scuote la testa, non è d’accordo con quello che ha udito. Avrebbe quasi voglia di smentirli… Che presunzione… Specialmente da quando si è infatuata per le idee di un saggio forestiero, dopo averne trovato dei libri nella biblioteca di nostro cugino. Per nostro padre quell’uomo non è altro che un esaltato ma lei continua a leggerne di nascosto i libri.

Madre – (misteriosa) So di una corrispondenza segreta che ha avviato con quel… Siyyd Kazim. Tuo padre ne farebbe una tragedia se venisse a saperlo… Per favore, non dirglielo…

Mardiyyih – Figurati quanto me ne importa…. (complice, abbassando la voce) Sai che le ha perfino cambiato il nome? La chiama “Consolazione degli occhi”… Se la conoscesse coma la conosciamo noi, quella testarda… (guarda verso Tahirih, che nel frattempo è passata, al di là della tenda, nella stanza attigua) ma dov’è andata?

Madre – (preoccupata) Non è più dietro la tenda.

Mardiyyih – (esce a sinistra per cercarla, ritorna) Nella sua camera non c’è. Incredibile, è una vera strega. E’ sparita davanti ai nostri occhi…

Entrano a precipizio da dietro la tenda Mullà Taqì, Mullà Salih, Muhammad, Abdu’l-Vahhab e Tahirih. Al loro ingresso le donne si velano il volto.

Mullà Taqì – (alterato) E’ inaudito, i-na-u-di-to! Tenermi testa così, davanti ai miei studenti.

Abdu’l-Vahhab – Io non sapevo più da che parte guardare…

Muhammad – (a Mullà Taqì) Davvero un brutto colpo, padre, per la tua una scuola teologica.

Mullà Taqì – Certi discorsi in bocca ad una donna…

Tahirih – Dici donna come se la sola parola ti sporcasse le labbra.

Mullà Taqì – (A Mullà Salih) Ma li senti? li senti? Fratello mio, non ti invidio davvero. Una figlia così è una dura prova che Dio ti ha mandato…

Ridi?… A volte non ti capisco. Sembra quasi che tu te ne compiaccia…

Mullà Taqì – No, no… Penso soltanto che se questo disastro fosse stato un maschio, avrebbe dato lustro alla mia casa e mi sarebbe succeduto.

Abdu’l-Vahhab – (geloso) Forse non sei contento di me? Sono io, tuo figlio, il maschio di casa…

(a Tahirih, con sdegno) Devi ricucirmi questo vestito: qui vicino alla manica…

Tahirih – (ironica) Ecco cos’è per voi una donna: una schiava da avere sempre a portata di mano…

Mardiyyih – (al fratello) Ci penserò io a cucirlo… lei ha ben altro a cui pensare…

Tahirih – Si, il Corano, i miei libri, la poesia… Qulacosa di meglio, forse, che cuocere il riso, impastare il pane, ricamare foglie dorate su stoffe di velluto in una città bigotta e senza avvenire… (esce)

Madre – Quando volete, la cena è pronta… (esce seguita da Mardiyyih)

Mullà Taqì – Te lo ripeto, fratello: sei troppo tenero con quella ragazza.

Muhammad – Anch’io, se mi è permesso, zio, consiglierei più fermezza…

Mullà Sàlih – Non posso darvi torto, ma vi chiedo pazienza. Molte cose cambiano nelle ragazze con il matrimonio, con i figli. E il matrimonio per Zarrin-Tàj (sguardo d’intesa col fratello) non è lontano.

Muhammad – Lei lo sa già, zio?

Mullà Sàlih – C’è tempo, figliolo, c’è tempo…

Mullà Taqì – Sono daccordo, fratello. la donna dev’essere l’ultima a sapere chi è destinata a sposare.

Abdu’l-Vahhab – Anche se qualcosa già s’immagina…

Muhammad – (deluso) A dire il vero, non mi guarda nemmeno…

Mullà Sàlih – Avrà tanto tempo, figliolo, per guardarti…

Mullà Taqì – Nelle famiglie più rispettabili è tradizione sposarsi fra cugini… Ma andiamo, la cena ci aspetta. (esce, seguito da Mullà Salih).

Abdu’l-Vahhab – Non ti sembra, Muhammad, che lo zio stavolta abbia faticato a rispondere alle obiezioni di mia sorella?

Muhammad – Ma via, che dici? Non avrà voluto umiliarla davanti ad estranei.

Abdu’l-Vahhab – (ride) Hai ragione, promesso sposo… (poi, serio) Sembra che per lei le tradizioni più oscure non abbiano segreti. Suvvia confessalo. Noi suoi fratelli e cugini maschi, non possiamo aprir bocca quando c’è lei, tanto il suo parere ci intimidisce, nè azzardiamo ipotesi su questioni dottrinali. Lei ci dimostra in modo così preciso che stiamo battendo false strade, e noi ci ritiriamo confusi…

Muhammad – (brusco) La cena ci aspetta (escono).

Mullà Taqì – No, no… Penso soltanto che se questo disastro fosse stato un maschio, avrebbe dato lustro alla mia casa e mi sarebbe succeduto.

Abdu’l-Vahhab – (geloso) Forse non sei contento di me? Sono io, tuo figlio, il maschio di casa…

(a Tahirih, con sdegno) Devi ricucirmi questo vestito: qui vicino alla manica…

Tahirih – (ironica) Ecco cos’è per voi una donna: una schiava da avere sempre a portata di mano…

Mardiyyih – (al fratello) Ci penserò io a cucirlo… lei ha ben altro a cui pensare…

Tahirih – Si, il Corano, i miei libri, la poesia… Qulacosa di meglio, forse, che cuocere il riso, impastare il pane, ricamare foglie dorate su stoffe di velluto in una città bigotta e senza avvenire… (esce)

Madre – Quando volete, la cena è pronta… (esce seguita da Mardiyyih)

Mullà Taqì – Te lo ripeto, fratello: sei troppo tenero con quella ragazza.

Muhammad – Anch’io, se mi è permesso, zio, consiglierei più fermezza…

Mullà Sàlih – Non posso darvi torto, ma vi chiedo pazienza. Molte cose cambiano nelle ragazze con il matrimonio, con i figli. E il matrimonio per Zarrin-Tàj (sguardo d’intesa col fratello) non è lontano.

Muhammad – Lei lo sa già, zio?

Mullà Sàlih – C’è tempo, figliolo, c’è tempo…

Mullà Taqì – Sono daccordo, fratello. la donna dev’essere l’ultima a sapere chi è destinata a sposare.

Abdu’l-Vahhab – Anche se qualcosa già s’immagina…

Muhammad – (deluso) A dire il vero, non mi guarda nemmeno…

Mullà Sàlih – Avrà tanto tempo, figliolo, per guardarti…

Mullà Taqì – Nelle famiglie più rispettabili è tradizione sposarsi fra cugini… Ma andiamo, la cena ci aspetta. (esce, seguito da Mullà Salih).

Abdu’l-Vahhab – Non ti sembra, Muhammad, che lo zio stavolta abbia faticato a rispondere alle obiezioni di mia sorella?

Muhammad – Ma via, che dici? Non avrà voluto umiliarla davanti ad estranei.

Abdu’l-Vahhab – (ride) Hai ragione, promesso sposo… (poi, serio) Sembra che per lei le tradizioni più oscure non abbiano segreti. Suvvia confessalo. Noi suoi fratelli e cugini maschi, non possiamo aprir bocca quando c’è lei, tanto il suo parere ci intimidisce, nè azzardiamo ipotesi su questioni dottrinali. Lei ci dimostra in modo così preciso che stiamo battendo false strade, e noi ci ritiriamo confusi…

Muhammad – (brusco) La cena ci aspetta (escono).

SECONDO QUADRO

Qazvin. Un’altra sala della stessa abitazione.

Personaggi: Tahirih, Mardiyyih, poi Madre, poi Mullà Muhammad

In scena, accanto alla finestra, Mardiyyih e Tahirih.

Mardiyyih – Che fai? Pensi ancora a quel sogno?

Tahirih – Come posso non pensarci?

Mardiyyih – Raccontamelo, ti prego.

Tahirih – Di nuovo?

Mardiyyih – E’ davvero bello.

Tahirih – Mi apparve, sospeso nel cielo, un giovane con un mantello nero addosso e un turbante verde sul capo. Con le mani verso l’alto, declamava una preghiera leggendola da un libro. Un versetto di quella preghiera, che mi sembrò più bello, o forse più strano degli altri, lo annotai, appena sveglia, nel quaderno delle mie poesie. Non dimenticai più quel sogno, e quel versetto mi rimase inciso nel cuore. Che stupore quando lessi in uno scritto di un giovane mercante di Shiraz, che mi capitò in mano per caso, lo stesso versetto che avevo udito in sogno. Ho riconosciuto in lui il giovane del mio sogno, il Promesso dei Profeti…

Mardiyyih – E per lui, che non hai mai incontrato hai scritto le poesie più delicate… (recita) “Lo splendore del Tuo volto sfolgorò, e i raggi del Tuo viso in alto si levarono. Allora preferisci la parola, ‘Non sono io il Tuo Signore?’, e, ‘Lo sei, lo sei’ risponderemo tutti”.

Tahirih – Ascolta questa: “Se mai mi accadrà di scorgerTi faccia a faccia, volto a volto, narrerà il dolore di Te, punto per punto, capello per capello. Per vedere la Tua guancia ho percorso, come lo zefiro, ogni casa, ogni porta, ogni strada, ogni via. Per il dolore della separazione mi esce dagli occhi il sangue del cuore, a fiumi, a mari, a fontane, a ruscelli…”.

Mardiyyih – Tuo marito ha ragione ad ingelosirsi. Non crederà mai che è a uno sconosciuto che ti rivolgi con questi versi…

Tahirih – Mio marito non conosce cos’è l’amore, quello che sconfina nella fede… Ma vale la pena di tentare di farsi capire? Le sue altre due mogli, che non ama più di me, più di me infelici, lo consoleranno quando me ne andrà via…

Mardiyyih – Vuoi andartene? Hai già deciso?

Tahirih – Voglio incontrare il Promesso.

Mardiyyih – E ai figli che gli hai dato non pensi?

Tahirih – Verrà il tempo, verrà presto, che le donne potranno davvero godere la loro maternità. Ma non è questo il momento… Forse per me non sarà mai il momento… Questo è il tempo di agire, di uscire, di rischiare, di cercare, di trovare; non di fermarsi…

Mardiyyih – Almeno aspetta il ritorno di Mirza Muhammad, a cui hai affidato una lettera sigillata perché la consegnasse al Promesso…

Tahirih – Mirza Muhammad, tuo marito, la tua fortuna: un uomo che non desidera salvare le apparenze, che va al fondo della vita…

Mardiyyih – (sospira) Avresti dovuto sposare lui… La pensate allo stesso

modo…

Tahirih – Verrà presto il tempo che una donna sceglierà da sé il proprio sposo. Il nostro tempo, Mardiyyih, è quello del velo sul volto, della donna ritenuta senz’anima, solo un ventre per partorire… Io vivo in un altro tempo, Mardiyyih…

Mardiyyih – Io non ho il tuo coraggio, Zarrin-Tàj. Resterù in questa casa, aspetterù il ritorno di mio marito, lo ascolterù parlare delle sue cose che non capisco… Vedi (accennano alla Madre che sta arrivando) come nostra madre…

Madre – (a Tahirih) Tuo marito è in pena per te…

Tahirih – (pronta) No, lui è in pena per se stesso.

Madre – Vuole che vada da lui, subito. Deve parlarti.

Mardiyyih – Accontentalo.

Tahirih – Stavi per dire: obbedisci… (si avvia) Ma sì, “obbedisco”… (esce)

Madre – Fa strani discorsi. Anche tuo padre è preoccupato. La famiglia di un Mullà non puù subire la derisione della gente…

Mardiyyih – Tu sai che per anni l’ho odiata. Ma ora la ammiro. Non sono capace di imitarla, perù l’ammiro. Per me è stato come scoprire un’amica. Non siamo mai state sorelle; amiche sì.

Madre – Di che cosa ti parla?

Mardiyyih – A lei non basta la vita che appagherebbe ogni donna, un marito, dei figli… Crede che il Promesso sia alle porte, che viva sconosciuto a tutti in mezzo alla gente, che cammini, lavori, soffra come tutti… Ha fatto un sogno, e crede di averlo individuato. Gli ha scritto una lettera e ha incaricato mio marito di consegnargliela. E sicura che debba incontrarlo…

Madre – Ma perché non parlarne a suo marito? Anch’egli è un mullà…

Mullà Muhammad – (arriva sconvolto, gridando) Pazzie, stregonerie, fandonie della specie peggiore!

Mardiyyih – Ecco il mullà che arriva e, come al solito, impreca contro di lei.

Madre – Calmati, figliolo.

Mullà Muhammad – Calmarmi? Calmarmi? Soltanto la mia onorabilità mi trattiene dal ripudiarla! Se non temessi lo scandalo, l’avrei già fatto da tanto tempo. Non posso più sopportare le cose che dice, il suo comportamento.

Mardiyyih – Prima di quanto tu pensi, forse, ti leverà lei dall’impaccio.

Mullà Muhammad – Che cerchi di dire? Che mistero c’è dietro le tue parole? Stai anche tu dalla sua parte?

Madre – Siamo tutti dalla tua parte, Mullà Muhammad…

Mullà Muhammad – (a Mardiyyih) Anche tu?

Mardiyyih – (ambigua) Io sto dalla parte della verità…

Mullà Muhammad – (contento) Ah, bene. Allora stai dalla mia parte… La verità non si improvvisa, varca i secoli, i millenni. Attenti, attenti alle verità nuove e passeggere: troppo spesso tradiscono anche i loro paladini più infiammati. Si il tempo mi darà ragione (esce).

Mardiyyih – (ironica) Anche per oggi la predica è finita.

Madre – Perché usi questo tono?

Mardiyyih – Non ho il coraggio di Zarrin-Tàj, madre, ma non puoi impedirmi di parlare.

Madre – Dimmi: poco fa a cosa alludevi?

Mardiyyih – Poco fa? Quando?

Madre – Non far finta di non capire… Cosa volevi dire a Mullà Muhammad?

Mardiyyih – Preferisco non parlare, adesso. Torno a fare la donna (si avvia)

TERZO QUADRO

Baghdad. Una piazza

Personaggi: Teologo sunnita, Teologo ebreo, Teologo cristiano, poi Tahirih.

T. sunnita – Vorrei vederci più chiaro in questa faccenda. Ci chiedono di incontrarla, di esaminare le sue dottrine… Tralasciando i nostri impegni per fare ciè, non rischiamo di dare troppa importanza a una donna?

T. ebreo – Sembra anche a me. Perché tanta fretta di incontrarla, davanti alla gente, in una piazza aperta?

T. cristiano – Le autorità di Baghdad lo richiedono. Dura da troppo tempo il frastuono che ha seminato tra il popolo.

T. sunnita – A noi dunque il compito di confutarne le idee, di smentirne le pretese, di tapparle la bocca, o di farla rinchiudere come pazza audace o come strega immonda.

T. ebreo – Ormai sta per giungere e noi non abbiamo ancora concertato il modo migliore per affrontarla…

T. sunnita – Non c’è motivo di aver timore. Ci basteranno pochi argomenti per piegare la sua presunzione.

T. ebreo – Eppure dicono che sia suo zio, dotto teologo di Qazvin, sia suo padre, altrettanto acuto giurista, sia il suo stesso marito, anchegli giovane mullà, hanno dovuto cedere le armi quando si sforzarono di convincerla a una condotta più riservata…

T. cristiano – Dicono che, sdegnati i suoi doveri di moglie e di madre, se ne partì da Qazvin per Karbilà, dove tenta invano di incontrare il suo primo maestro, un certo Kazim, che trovò già morto, dopo di che si unì ai compagni del defunto e passò il tempo in preghiera aspettando un uomo santo la cui venuta quel Kazim aveva profetizzato…

T. ebreo – Troppi falsi profeti in Oriente… Ormai se ne incontrano ad ogni angolo di strada…

T. cristiano – Non ha avuto ritegno, benché donna, a diffondere nelle piazze le ridicole dottrine dei suoi santi profeti, declamando alle folle assurde poesie che lei stessa compone, scritti di un sedicente Maestro da lei

tradotti, professando in pubblico la sua assurda fede…

T. sunnita – Strana fede davvero. Benché io non abbia particolare venerazione per quella città, rabbrividisco al racconto che mi venne all’orecchio, quando nel giorno sacro del martirio di Husayn, avvenuto proprio a Karbilà, mentre il popoio era in lutto, questa donna ebbe l’ardire di celebrare, vestiti gli abiti di festa, l’anniversario del suo profeta, un certo Bab, un fanatico… Il tumulto che ne seguì la convinse a rifugiarsi qui a Baghdad.

T. ebreo – Questa è una città che nel suo seno accoglie, con spirito tollerante, ogni credenza, come attesta la nostra presenza di teologi di tre religioni diverse. Non è però tollerabile che vi si semini ogni eresia passeggera…

T. sunnita – Bisognerà farglielo capire dal primo momento…

T. cristiano – Non ci mancheranno argomenti…

T. ebreo – Dicono che sia una donna molto bella.

T. cristiano – E pare che non sopporti il velo che le ricopre il viso…

T. sunnita – E che abbia anche una certa facilità di parola. Molti ignoranti ne restano colpiti.

T. ebreo – Confesso una certa curiosità…

T. cristiano – Quando arriva?

T. sunnita – Niente di più probabile che non si presenti all’appuntamento…

T. ebreo – Qualche pensiero improvviso, tipico delle donne, le avrà fatto cambiare idea…

Tahirih – (arrivando) Non è mia abitudine deludere chi attende. Voi alludete ad una vecchia idea di donna, destinata a dissolversi come la polvere quando soffia un vento nuovo.

T. sunnita – Constato che è vero che non hai paura di parlare da pari a pari con gli uomini…

Tahirih – Pensi davvero che, agli occhi di Dio, tra uomo e donna vi sia tanta differenza?

T. sunnita – Vaneggi, donna. Il Corano, che affermi di rispettare, recita: “Gli uomini sono un gradino più in alto”. Sura seconda, versetto duecentoventotto.

T. cristiano – E un argomento sul quale le nostre religioni concordano. “Non fu creato l’uomo per la donna, bensì la donna per l’uomo”.

T. ebreo – Anch’io concordo. In base alla Torah, Dio creò prima Adamo, e poi Eva, traendola da una sua costola, perché gli fosse compagna per la vita e lo servisse.

Tahirih – E se qualcuno vi obiettasse che Dio, che di tutte le fedi è autore, avesse intanto cambiato le sue leggi e volesse la donna alla pari con l’uomo, in modo che l’uomo non abbia in lei una serva, ma un’amica?

T. ebreo – Taci, donna, tu bestemmi!

mura che i nostri antenati hanno eretto con la pazienza dei secoli riusciranno a proteggerci?

Mullà Taqì – Parli in modo davvero oscuro.

Abdu’l-Vahhab – Mio padre si preoccupa per la nostra famiglia smembrata:

mio cognato Mullà Muhammad abbandonato da mia sorella, la nostra scuola teologica in crisi… (ha un moto di rabbia) Tutto per una donna che ha speperato nelle piazze la buona fama della sua gente, e trascina altri dietro il suo cattivo esempio.

Mullà Taqì – Più volte, fratello, ti rimproverai per lo scarso vigore che usavi verso quella fanciulla, tanto più da quando decidemmo il matrimonio dei nostri primogeniti…

Abdu’l-Vahhab – Mio padre ha avuto sempre un debole per Zarrin-Tàj…

Mullà Salih – Credete sia semplice per un padre scoprire giorno dopo giorno accanto a s che una figlia parla, pensa e si comporta nel mondo opposto alle abitudini degli avi?

Mullà Taqì – L’hai detto: tu hai permesso che tua figlia pensasse. E poi ai consentito che esprimesse a voce alta i suoi pensieri. E stato questo il tuo errore, Salih.

Mullà Salih – E stata dal primo momento una donna diversa. Allah le ha dato delle capacità non comuni, che io non potevo sopprimere…

Abdu’l-Vahhab – Così le ha avute tutte vinte…

Mullà Taqì – Ecco il tuo errore, fratello mio. La tua arrendevolezza, unita alla sua naturale protervia, ha prodotto una miscela che esplosa ben oltre i confini della Persia.

Mullà Salih – Proterva sì, ma ancora obbediente al suo vecchio padre. Quando le ho scritto di tornare a Qazvin, ha accettato di buon grado.

Abdu’l-Vahhab – (allo zio) E di sopra,.

Mullà Taqì – Di sopra? E noi qui a parlare di lei apertamente…

Mullà Salih – No, non aver paura, non si nasconde più dietro una tenda per ascoltarci. Ricordo come mi adiravo ogni volta che interveniva polemica nei nostri discorsi… Chi avrebbe detto che, dopo pochi anni, avrei rimpianto quelle sue intromissioni?…

Mullà Muhammad – (entrando, irato, con una lettera in mano) E incredibile, zio. Ecco la risposta alla mia lettera. Appena seppi che tornava in città, le ho mandato alcune mie schiave con una lettera per convincerla a trasferirsi a casa mia. La riaccettavo tanto fra le mie mogli – io (tronfio), con la mia personalità – senza ripudiarla, senza il disonore che meriterebbe dopo quanto ha compiuto, e lei? Ecco, rifiuta: capite? Rifiuta!

Mullà Taqì – Ma è un’insolenza! Un’insolenza!

Mullà Salih – (a Mullà Muhammad) Non addolorarti, figliolo. Ho ottenuto io che cambiasse idea. Ha accettato di parlarti. Vado a chiamarla.

Mullà Muhammad – Ora sono io a non volerle parlare.

Mullà Taqì – Accetta di parlarle. Non ho molta speranza. Vedremo poi cosa fare.

Abdu’l-Vahhab – Vi lasciamo soli. Prudenza, cugino (escono).

Mullà Muhammad, rimasto solo, passeggia per la stanza, con gesti di impazienza e di imbarazzo.

Tahirih – (entrando) Cosa credi che dovrei fare? Gettarmi ai tuoi piedi?

Mullà Muhammad – E per aggredirmi che hai accettato di incontrarmi?

Mullà Muhammad – No: per dirti ciòche è vero.

Mullà Muhammad – Non ammetti neanche come lontana ipotesi il fatto che io possa nel frattempo essere cambiato?

Tahirih – Nella lettera che mi hai scritto ho letto l’arroganza che ben conoscevo.

Mullà Muhammad – Quella che tu chiami arroganza è invece coscienza del mio valore. Sai che io sono ormai il dignitario ecclesiastico più dotto della Persia dopo mio padre e mio zio?

Tahirih – I miei complimenti. Ma nei miei viaggi ho affrontato e ridotto al silenzio troppi saggi religiosi dell’impero turco per incantantarmi davanti alla tua sapienza.

Mullà Muhammad – Ho saputo dei tuoi successi. Ma anche dello scandalo che hai seminato per città e villaggi…

Tahirih – Qual è lo scandalo? Che una donna parli da pari con gli uomini? Il sapere non è una questione di sesso. Dio ci dà dei talenti che sta a ognuno di noi far fruttare a vantaggio dell’umanità. Quanto bene voialtri teologi avreste potuto fare alla gente, e quanti odi e quanta confusione avete invece seminato nelle menti del popolo. Ma il vostro potere declina.

Mullà Muhammad – Coltivi opinioni eretiche.

Tahirih – Le definisci eretiche perchè sono differenti dalle tue. Ma i tempi mutano, cambiano i cuori e le menti, e cambia la verità: un sole tramonta e un altro sole sorge.

Mullà Muhammad – Non vuoi dunque tornare ad essere mia moglie?

Tahirih – Se tu avessi veramente desiderato di essere mio marito, il mio fedele compagno, non avresti sottovalutato la mia ricerca spirituale. Avresti cercato di capire i miei pensieri, invece di impadronirti solo del mio corpo. Mi saresti corso incontro a Karbilà e, a piedi, avresti guidato il mio carro per tutta la strada fino a Qazvin. Viaggiando con te ti avrei risvegliato dal sonno e mostrato la via della verità.

Mullà Muhammad – Tu mostrare a me – Mullà Muhammad – la via della verità?

Tahirih – Vedi che non si cambiato? Sono passati tre anni dalla nostra separazione: né in questo mondo nè nell’altro potrù mai unirmi a te. Ti ho gettato per sempre via dalla mia vita. I

Mullà Taqì – (entrando, furioso) Con queste parole osi rivolgerti a mio figlio? Sapremo come punire la tua eresia!

Tahirih – Ve ne mancherà il tempo: partir presto.

Mullà Taqì – (A Mullà Muhammad) Vieni, figliolo. Non ti ha mai meritato (escono).

Mullà Salih – (entrando, con la Madre) Vedo che il mio tentativo di pacificazione è fallito, figlia. E temo per la tua vita…

Tahirih – Lo so, padre, so il pericolo che corro. Ci sono tempi in cui si rischia tutto ci che si ha. Tu mi hai dato questa vita che sono pronta a rischiare. Mi dispiace che tu ne soffra, ma ti ringrazio di avermela data.

Mullà Salih – (abbracciandola) Figlia testarda. Testarda e amatissima. Tuo fratello mi odia perché ti preferisco a lui, ma in me il cuore ha sempre guidato la mente… (esce)

Madre – Non vuoi vedere la tua primogenita come ti assomiglia? Non vuoi fermarti almeno per lei?

Tahirih – No. Falle tu da mamma. Io, vado a prepararle un mondo migliore in cui crescere (si abbracciano piangendo).

QUARTO QUADRO

Qazvin. Stesso interno del primo quadro.

Personaggi: Mullà Salih, Mullà Taqì, Abdu’l-Vahhab, poi Mullà Muhammad, poi Tahirih, poi Madre.

All’inizio del quadro, Mullà Salib, è seduto accanto a un tavolo; Mullà Taqì e Abdu ‘1- Vahhab stanno in piedi.

Mullà Salih – Devi credermi, Taqì. Tanta gente ogni giorno mi chiede la giusta interpretazione di una legge, di un precetto, di un’antica tradizione, e si fida ciecamente del mio verdetto. Ma io non mi sento più così sicuro. Avverto come un rumore di lontana tempesta, i rombi di strani tuoni, fulmini che non riesco a distinguere.

Mullà Taqì – Da un po’ di tempo parli in modo oscuro, Salih.

Mullà Salih – Mi sembra che tutto il nostro mondo stia crollando poco per volta sotto i perfidi colpi di un nemico invisibile. Fino a quando queste

Mullà Salih – No, no… Penso soltanto che se questo disastro fosse stato un maschio, avrebbe dato lustro alla mia casa ed mi sarebbe succeduto.

Abdu’l-Vahhab – (geloso) Forse non sei contento di me? Sono io, tuo figlio, il maschio di casa… (a Tahirih, con sdegno) Devi ricucirmi questo vestito: qui, vicino alla manica…

Tahirih – (ironica) Ecco cos’è per voi una donna: una schiava da avere sempre a portata di mano…

Mardiyyih – (al fratello) Ci penserà io a cucino… Lei ha ben altro a cui pensare…

Tahinih – Sì, il Corano, i miei libri, la poesia… Qualcosa di meglio, forse, che cuocere il riso, impastare il pane, ricamare foglie dorate su stoffe di velluto in una città bigotta e senza avvenire… (esce)

Madre – Quando volete, la cena è pronta… (esce, seguita da Mardiyyih).

Mullà Taqì – Te lo ripeto, fratello: sei troppo tenero con quella ragazza.

Muhammad – Anch’io, se mi è permesso, zio, consiglierei più fermezza…

Mullà Salih – Non posso darvi torto, ma vi chiedo pazienza. Molte cose cambiano nelle ragazze con il matrimonio, con i figli. E il matrimonio per Zarrin-Tàj (sguardo d’intesa col fratello) non è lontano.

Muhammad – Lei lo sa già, zio?

Mullà Salih – C’è tempo, figliolo, c’è tempo…

Mullà Taqì – Sono d’accordo, fratello. La donna dev’essere l’ultima a sapere chi è destinata a sposare.

Abdu’l-Vahhab – Anche se qualcosa già s’immagina…

Muhammad – (deluso) A dire il vero, non mi guarda nemmeno…

Mullà Salih – Avrà tanto tempo, figliolo, per guardarti…

Mullà Taqì – Nelle famiglie più rispettabili è tradizione sposarsi fra cugini… Ma andiamo, la cena ci aspetta. (esce, seguito da Mullà Salih).

Abdu’l-Vahhab – Non ti sembra, Muhammad, che lo zio stavolta abbia faticato a rispondere alle obiezioni di mia sorella?

Muhammad – Ma via, che dici? Non avrà voluto umiliarla davanti ad estranei.

Abdu’l-Vahhab – (ride) Hai ragione, promesso sposo… (poi, serio) Sembra che per lei le tradizioni più oscure non abbiano segreti. Suvvia, cofessalo. Noi, suoi fratelli e cugini maschi, non possiamo aprir bocca quando c’è lei, tanto il suo sapere ci intimidisce, nè azzardiamo ipotesi su questioni dottrinali. Lei ci dimostra in modo così preciso che stiamo battendo false strade, e noi ci ritiriamo confusi…

Muhammad – (brusco) La cena ci aspetta (escono).

QUINTO QUADRO

Badasht. Interno di un salone.

Personaggi: Quddu, Muhammad Hasan, poi Abdu’l-Khalih, tre credenti, poi Tahirih.

In scena Quddus e Muhammad Hasan che parlano segretamente.

Quddus – Allora è tutto chiaro?

Muhammad Hasan – Entrerà all’improvviso quando si saranno riuniti un poco di amici, e mi rivolgerò a te a nome di Tahirih.

Quddus – Tahirih. Mai nome fu scelto meglio. Tahirih: la Pura. Da quando Zarrin-Tàj è in mezzo a noi, nessuno ha nutrito nei suoi confronti un sentimento men che puro. Ci ispira pensieri elevati è, benché sia donna affascinante, ci rivolgiamo a lei come se ci stesse davanti Fatima in persona, la casta figlia del Profeta.

Muhammad Hasan – Un nome scelto bene. Proprio come il tuo, Quddus: il santo. Tu che, discendente dell’Imam Husayn, chiunque ama a prima vista e fa fatica a staccarti gli occhi dal volto.

Quddus – Si prepara un’umanità nuova, Muhammad Hasan, e Dio ci dà la virtù sufficiente per esserne le guide.

Muhammad Hasan – Il Bab, il nostro adorato Maestro, nel buio della fortezza nella quale è rinchiuso, si attende da noi grandi cose…

Quddus – E grandi corse faremo… Innanzitutto abrogare le leggi che Muhammad da milleduecento anni ha portato, e che oggi non illuminano più il nostro spirito.

I Muhammad Hasan – Il Bab stesso, il nostro amato, ci esorta alla cautela.

Quddus – Perciò eseguiremo alla perfezione questa finta battaglia: da una parte Tahirih, l’innovatrice, ansiosa di abbattere gli stendardi della’Islam, e dall’altra io, il conservatore, pronto a tutelare a ogni costo le tradizioni del passato.

Muhammad Hasan – Così nell’animo di seguaci del Bab, che ancora ne repuntano gli insegnamenti un semplice coronamento dell’Islam, le novità più eclatanti saranno meglio assorbite.

Quddus – Sono ormai quattro anni dacchè il Bab ha rivelato di essere il Promesso. Il momento di maturare è giunto.

Muhammad Hasan – E’ questo piccolo villaggio del Khorasàn, Badasht, passerà, come forse anche noi, alla storia. Io vado (esce).

Quddus – A presto.

Entrano Abdu’l-Khaliq e altri tre credenti babì.

Abdu’l-Khaliq – Ancora tardiamo, Quddus, a escogitare il sistema migliore per liberare il Bab dalla sua triste prigione.

Quddus – Un po’ di pazienza, Abdu’l-Khaliq: non è facile mettere d’accordo ottantuno credenti egualmente infiammati. Ogni giorno nasce un nuovo problema… Ieri ho litigato con Tahirih.

Abdu’i-Khaliq – Ho saputo. Appianeremo il contrasto, sono sicuro…

Quddus – Non credo. Mi sembra troppo decisa… Chi c’è alla porta?

Abdu’l-Khailiq – (va a verificare) E’ per l’appunto il messaggero di Tahirih. Sembra abbia premura.

Quddus – Fallo entrare.

Muhammad Hasan – (rientrando) Salute a e, Quddus. Vengo a nome di Tahirih a chiederti di volerne far visita nel suo giardino.

Quddus – Perdi il tuo tempo. Ho rotto ogni rapporto con lei. Mi rifiuto d’incontrarla.

Muhammad Hasan – Perdonami se insisto. Ha cose importanti da dirti. Mi ha chiesto di pregarti con calore annunciando che, in caso di una tua resistenza, sarà lei a farti visita.

Abdu’lKhaliq – (ridendo, a Quddus) Puoi scommetterci che verrà, testarda com’è… Accetta di vederla.

Quddus – (fingendo resistenza, a Muhammad Hasan) Puoi tornare da chi ti manda e ribadire il mio fermo rifiuto.

Muhammad Hasan – (stando al gioco) Mi rifiuto di ritornare senza di te. Scegli: o mi accompagni alla presenza di Tahirih o mi tagli la testa con questa spada (gli porge la spada e la depone ai suoi piedi)

Quddus – Ho già dichiarato che non ho nessuna intenzione di far visita a Tahirih. Se non te ne vai subito, uso davvero la spada.

Abdu’l-Khailiq – Che vuoi fare?

Primo babì – Fermati, in nome di Dio!

Tahirih – (entrando, a viso scoperto, i capelli sciolti) Risparmia il messaggero, e colpisci chi l’ha inviato.

Secondo babì – È Tahirih!

Terzo babì – Grande Allah, ha il viso scoperto!

Primo babì – Che il Profeta la perdoni!

Abdu’l-Khaliq – Ditemi che sto sognando. Non pu essere vero quello che sto vedendo!

Tahirih – Invece è vero. Il lungo velo avvolgente è caduto. Non sarà più il simbolo dell’inferiorità della donna. Il tempo di nasconderci è finito.

Primo babì – Sacrilegio! Sacrilegio!

Quddus – (irato, con la spada in mano) Mia spada, non fallire il tuo bersaglio!

Abdu’l-Khaliq – Non sopporto la sua vista e le sue parole. Dio mi protegga dagli empi! (fugge via)

Primo babì – Aspettami, vengo con te (esce).

Tahirih – Perché, amici, siete così turbati? Oggi è un giorno di festa e di allegrezza universale, il giorno in cui sono state infrante le catene del passato. Coloro che hanno partecipato a questa grande impresa si alzino e si abbraccino! (recita) “In verità, tra giardini e fiumi i pii dimoreranno sul trono della verità, in presenza del potente Re”

Quddus – Citi il Corano a sproposito.

Primo babì – (entra, sconvolto) Accorrete, amici! Abdu’l-Khaliq, sconvolto per quanto ha veduto, si è tagliato la gola con il suo stesso pugnale ed è fuggito sanguinante, giurando di non tornare più!

Terzo babì – Anch’io lo seguo! Addio, che Allah vi apra gli occhi! (esce)

Quddus – Fermatevi… Il nostro Maestro è prigioniero, non possiamo abbandonarlo. Egli stesso ci farà sapere se quanto accade oggi viene da Dio, o se questa donna è impazzita.

Tahirih – Questo giorno è come uno squillo di tromba che risveglia i cuori che dormono. L’avvenire ci spalanca le braccia.

Muhammad Hasan – (mentre fuori cresce un rumore di preghiera) Da dove vengono queste voci?

Tahirih, con il viso illuminato, ascolta le parole che giungono dall ‘esterno, mentre a poco a poco i presenti le si fanno accanto.

“Allorché la cadente cadrà – nessuno la caduta sua smentirà – abbatterà, esalterà. Allorché verrà scossa la terra – e stritolati saranno i monti – e diverranno pulviscolo tenue, sparso… E là non udranno discorsi frivoli o incitamenti al peccato – ma solo una parola: ‘Pace, pace”.

SESTO QUADRO

Luce piena, non più luci di scena sul palcoscenico. Qualche attore, in abiti moderni, porta via il fondale e gli arredi del quadro precedente. Altri sei (gli interpreti di Mardiyyih, della Madre, di Mullà Salih, di Mullà Taqì, di Mullà Mohammad, di Abdu’l-Vahhab)si svestono dei costumi di scena restando in abiti moderni, mentre parlano fra di loro.

mt. di Mullà Taqì – Ma andiamo, a chi mai volete che interessi una storia cosi.

mt. di Abdu’l-Vahhab – Fuori dell’Oriente, a nessuno. Troppo lontana da noi, troppo pittoresca… Il pubblico vuole roba diversa.

mt. di Mullà Salih – Dico io: l’autore non aveva altro da scrivere? La novità a tutti i costi: è la solita storia…

mt. di Mardiyyih – E già, dato che si parla di una donna libera, i maschietti si ribellano…

mt. di Mullà Muhammad – Ecco la solita femminista! C’era da aspettarselo… Continua, continua, dài… Ti dì la parola.

mt. di Mardiyyih – Grazie per la concessione.

mt. di Mullà Muhammad – (con un comico inchino) Prego, madame. mt. di Mardiyyih – Stupido.

mt. della Madre – (con dei fogli in mano) Ma avete letto qui? Nell’Ottocento studiosi occidentali, anche di un certo nome, si sono interessati a Tahirih. Browne, De Gobineau, Nicolas…

mt. di Mullà Salih – E chi li conosce?

mt. della Madre – Ignorante… Però non capisco perché l’autore ha concluso il lavoro a questo punto, senza parlare affatto degli ultimi suoi giorni.

mt. di Abdu’l-Vahhab – Avrà capito che a questo punto gli spettatori erano già stecchiti… (al pubblico) E vero o no che state tutti dormendo?

mt. di Mullà Muhammad – (al pubblico, battendo le mani) Ehi, dice a voi:

sveglia, è finita!

mt. di Mardiyyih – Sentite qui cosa è scritto… Tahirih fu arrestata dopo un attentato di alcuni babì contro lo Shah a Teheran nel 1852…

mt. della Madre – Anchio l’ho letto. Fu arrestata e confinata in casa del sindaco di Teheran…

mt. di Mardiyyih – Durante il ricevimento per le nozze del figlio del sindaco, le dame piit nobili della capitale nel pieno dei festeggiamenti chiesero di vedere la poetessa prigioniera…

mt. della Madre – … Tahirih apparve con il suo vestito migliore, lungo fino ai piedi, ricamato, un fazzoletto a fiori sulle spalle, i riccioli sulla fronte. Non era mai stata così bella. Parla con fierezza del Bab, che aveva sempre desiderato conoscere di persona, ma che non aveva mai incontrato, parla dei suoi rivoluzionari insegnamenti, parh in una maniera tale che il bel mondo della Persia dimenticò dolci, musicisti e ballerini e fu rapito per lunghi minuti in una dimensione celeste…

mt. di Mardiyyih – Un altro giorno il sindaco, sempre gentile con la sua straordinaria prigioniera, la informò che il Primo Ministro era disposto a lasciarla libera, a condizione che rinnegasse la sua fede. L’alternativa, Tahirih già lo sapeva, era la morte…

mt. della Madre – Il sindaco trasalì sentendola rispondere: “Non sperare che

io rinneghi la mia fede per una ragione così debole: mantenere in vita qualche giorno di pii’i questo mio corpo senza importanza

mt. di Mardiyyih – Ma fu la moglie del sindaco che le si legò di una vera amicizia. A lei Tahirih annunciò allegra una sera, vestita di un abito di seta bianca: ” Mi preparo a incontrare il mio amato. Si avvicina l’ora del martirio”. All’amica che singhiozzava lasciò i suoi ultimi desideri: che il figlio del sindaco la accompagnasse al luogo del supplizio, che ai carnefici non fosse permesso di toglierle la veste che indossava allora, che il suo corpo fosse gettato in un pozzo e il pozzo fosse poi riempito di terra e di sassi.

mt. della Madre – Vennero a prenderla la notte dopo. Montò a cavallo senza esitare, scortata dalle guardie, dal figlio del sindaco e da alcuni servi, verso il giardino sede dell’esecuzione. “Non dimenticarmi”, disse all’amica, “e sii felice della mia felicità”. Ai soldati gridò: “Potrete uccidermi mille volte, ma non sarete mai in grado di fermare l’emancipazione della donna!”. A un ufficiale mezzo ubriaco porse il suo fazzoletto di seta, che le strinsero alla gola, alla luce delle torce. Poi, fu lo stesso figlio del sindaco a calare il corpo nel pozzo e a riempirlo di terra e pietre, come Tahirih aveva chiesto (una musica che cresce).

Tahirih – (in costume, senza velo, viene avanti recitando) “Se mai mi accadrà di scorgerTi faccia a faccia, volto a volto, narrerò il dolore di Te punto per punto, capello per capello.

Per vedere la Tua guancia ho percorso, come lo zefiro, ogni casa, ogni porta, ogni strada, ogni via.

Per il dolore della separazione mi esce dagli occhi il sangue del cuore, a fiumi, a mari, a fontane, a ruscelli.

Intorno alla Tua piccola bocca, la Tua guancia dalla ambrata peluria è bocciolo su bocciolo, rosa su rosa, tulipano su tulipano, profumo su profumo.

Il Tuo amore il mio triste cuore l’ha intessuto nella stoffa dell’anima mia, a filo a filo, a corda a corda, a trama a trama, ad ago ad ago.

Entro il suo cuore ha vagato Tahirih e non ha visto che Te, in ogni pagina, in ogni recesso, in ogni velo, in ogni piega”.

Rende, 8 giugno 1993