Una rosa d’oriente

A cura di Alessandro Bausani
Poesie mistiche della venerabile Tahirih
(Qurratu’l-‘Ayn)
una pagina di storia Bahà’i

Se mai accadrà di scorgerTi
faccia a faccia, volto a volto
narrerò il dolore di Te,
punto per punto, capello per capello.
Per veder la Tua guancia
ho percorso come lo zefiro
ogni casa, ogni porta,
ogni strada, ogni via.
Per il dolore della separazione
mi esce dagli occhi il sangue del cuore
a fiumi, a mari,
a fontane, a ruscelli.
Intorno alla Tua piccola bocca
la Tua guancia dall’ambrata peluria
è bocciolo su bocciolo, rosa su rosa,
tulipano su tulipano, profumo su profumo.
Il Tuo amore, il mio triste cuore,
l’ha intessuto nella stoffa dell’anima mia,
a filo a filo, a corda a corda,
a trama a trama, ad ago ad ago.
Entro il suo cuore ha vagato Tàhirih
e non ha visto che Te
in ogni pagina, in ogni recesso,
in ogni velo, in ogni piega.

Gioite, o schiere celesti,
esultate,
che la manifestazione del Benamato è visibile, palese, manifesta ed evidente a tutti.
Cantate dappertutto
che dal volto della Bellezza sconosciuta
è stato rimosso e allontanato il velo,
l’oscurità delle notti, in verità, si sta schiarendo. E’ giunto con l’esercito della gioia
un Idolo persiano, un Signore arabo.
S’è levato il sole là dove tramonta.
Accorrete a lui con letizia e amore.
Lingue di fuoco si levano dalla terra di Fa, sprazzi di luce sfolgorano dalla città di Ta, moltitudini di spiriti
appaiono all’orizzonte di Ha e in alto si levano.
L’uccello del cielo s’adorna,
la colomba di Baha canta, 

con bellezza e fulgore.
Per la manifestazione di questo divino Sovrano
per il “non son Io” (alast) di questa luna piena
tutti gli abitanti del cielo sono estasiati
al canto del “sì, sì”.
Si sono sollevati i flutti di quel mare
nella cui Karbilà si aprono
con gioia in ogni istante
duemila pianure di Karbilà.
Dall’arco di questo volto gioioso
dal laccio di quella luna dai dieci cuori
duemila sètte e dinastie
vengono separate e legate.
Tutti gli ebrei del cielo
tutti i cristiani del paradiso
tutti i rubacuori dell’eternità
bisbigliano, estasiati.
Il mare dell’essere ondeggia,
il rubino della testimonianza risplende

per la sua presenza meravigliosa.
L ‘essenza della bellezza è umiliata dalla Sua avvenenza,
le cime dei monti sono intimidite dalla Sua grandezza,
il potere della gloria è intimorito dalla Sua forza.
Per le Sue trecce nere,
per la lontananza dal Suo volto di luna,
per la polvere sotto i Suoi piedi,
ha versato sangue il mio cuore.
A causa della nostalgia di Te, o luna gentile,
e della Tua lontananza, o Re dei rubacori,
lo spirito dei templi umani
s’è fatto leggero, evanescente.
Per lo scintillio del Tuo volto
per la Tua chioma variegata,
fammi giungere alla Tua dimora
più presto che si può.

Lo splendore del Tuo volto ha brillato
e i raggi si sono innalzati.
Perché non gridi: “Non sono lo il vostro Signore?”
Sì che noi risponderemo: “Si, si! “
In risposta al tamburo del Tuo antico Richiamo
cembali di dolore gonfi d’amore hanno risonato.
Han piantato le tende alle porte del mio cuore
eserciti di sofferenze, le armate della pena!
M’è caro l’amore di quella bellissima luna
che quando si manifestò l’invito del dolore,
s’immerse in letizia e gran riso, gridando:
“lo sono, io il martire di Karbilà!”

Quando ebbe ascoltato il grido annunciante la mia morte
venne alla mia bara al mio apparato funebre.
E venne in fretta, e su di me pianse, a gran voce.
Bene sarebbe se fuoco di meraviglia
Tu accendessi nel Sinai del mio cuore; Sinai
che Tu hai prima saldato e spianato
scuotendolo frantumandolo.
Come invito alla mensa del Suo cuore
tutta la notte dall’esercito dei Cherubini
giunse il grido dominatore:
“Salve, oh perseguitata Comunità!”
Tu sei come squama di pesce stupefatto;
come puoi pretendere di parlare dell’Oceano dell’Essere?
Siedi, come Tàhirih, muta
e ascolta il grido urgente del Leviathan!

Nella città del Tuo amore ho soggiornato
e non ho visto benevolenza alcuna.
Guarda la mia solitudine,
Tu che sei il Sovrano dell’impero.
Ho forse peccato, o mio diletto
che per l’amor mio per Te ogni momento
Tu mi cacci via, mi uccidi,
mi prendi per la mia colpa?
La mia sopportazione e la mia pazienza sono finite ormai.
Per quanto tempo ancora dovrò soffrire separata da Te?
Ogni mio arto, come il giunco,
racconta la sua nostalgia di Te.
Non lo comprendono gli intelletti
nè lo descrivono i sensi.
Chi può trovare la strada verso la Tua perfezione?
Fuor cheTe non v’è altra mèta.
Quando la brezza Ti passa accanto
porta notizia di dolenti,
di volti smunti, di occhi inumiditi.
Che cosa accadrebbe se Ti mostrassi benigno
e Ti accostassi al mio giaciglio
all’alba all’improvviso per Tua misericordia.
Nella speranza d’esserTi vicina prendo il volo
su due ali o anche su una sola.
Se mi liberi da questo luogo
mi trascini verso l’Oltrespazio,
rinuncio alla vita e al mondo
perché Tu sei anima e animatore del creato. 

Che cosa dà la giovinezza, che cosa toglie la vecchiaia?
Un idolo di giovinetto, un vino invecchiato.
L ‘idolo giovinetto al suo apparire
allontana dal cuore ogni pensiero di sonno e cibo;
una goccia di quel vino invecchiato
chi è morto non la beve e chi la beve non muore.
Da un’unica botte il Coppiere dell’èra
a te offre purissimo vino e a me solo la feccia.
Fra mille Suoi prigionieri uno solo
si scuote via dal cuore la polvere dell’attaccamento.
Non è un gioco scendere sul campo dell’amore
dove fra centomila solo uno resiste.
La preghiera del pappagallo è querela di postulante.
Vediamo chi vincerà sul campo. 

Liete novelle, sacri sembianti,
che la Bellezza della verità è divenuta palese!
Chiama, o brezza, alla Sua soglia
la schiera degli afflitti! 
Gioite, o moltitudini in attesa!
Per la misericordia del possente Sovrano
la luna nascosta è divenuta palese,
fulgida, lucente
e la Bellezza divina è apparsa
a innalzare lo stendardo della favella.
Sulle fantasie e sulle vane immagini degli uomini
l’empireo della Sua santità alto si leva.
Sul Trono della loro potenza e della loro gloria,
è assiso quel Sovrano senza insegne
e rivolge questo appello ai sofferenti:
“O schiere di pretendenti all’amicizia,
se qualcuno seguirà la Mia strada,
lo chiamerò perchè sia avvertito
che chiunque s’innamorerà di Me
non schiverà nè sofferenza nè dolore. 
Chi non Mi obbedirà
e non afferrerà la corda della Mia custodia,
lo allontanerò dalla Mia soglia,
lo consegnerò adirato al vento della negazione.
lo sono il Signore del mondo dell’eternità,
sono l’Unico dalla fonte inesauribile,
son venuto per la gente del cuore,
venite a Me, voi che accettate
la fiaccola del fuoco della Mia volontà.
lo sono il Signore del ‘non sono lo il vostro Signore?’
Varca la soglia della santità
ascolta il suono del ‘sì, sì’.
lo sono la manifestazione dell’Aiuto nel pericolo,
sono l’Io senza io,
sono l’Arca della salvezza,
che in verità si manifesta luminosa,
sono l’Albero… dell’anima,
sono il frutto palese e celato,
sono il Re dei re del mondo,
sono il custode della favella e della sublimità.
O martiri del mio sembiante di fuoco, accorrete alle Mie terre,
per Me sacrificate anima e corpo:
sono il re di Karbilà”.